sassari, una città meticcia - la piccola africa tra i vicoli
A Sassari abbiamo la nostra Petite Afrique. Una cosa che somiglia molto alla Matongué di Bruxelles. Si trova nella parte bassa del Corso: comincia all’altezza del negozio di dolci di Capitta per finire in piazza Sant’Antonio.
Il testo completo di questo articolo è pubblicato su La Nuova Sardegna del 25 novembre 2017.
A proposito: da Capitta cercate i croccanti. Dolci che hanno attraversato la mia infanzia, come quella dei sassaresi della mia età. Per ritornare alla Petite Afrique in questo tratto di città potrete assaporare i profumi, i cibi e le mode che oggi la fanno da padrone nel grande Continente. Andateci. Vi sembrerà di fare un viaggio. E’ come se un aereo vi avesse sbarcato a Lomé, ad Accra, a Abidjan. Forse eravate addormentati e qualcuno perché vi vuole bene vi ha fatto un regalo.
Nella Petite Afrique di congolesi ce ne sono pochi: di più i nigeriani, i camerunesi e i senegalesi.
I VERSI DI SENGHOR. Non vi stupite, comunque, per il nome che mi sono permesso di dare a questa parte dell’antica strada medioevale che per secoli ha ospitato i palazzi delle famiglie della noblesse cittadina; Petite Afrique la chiama così Amadou, un mio amico venditore ambulante senegalese, con il quale ogni tanto mi fermo a chiacchierare. Conosce Leopold Sèdar Senghor, il poeta della negritudine, uno dei grandi del ventesimo secolo e accademico di Francia.
Amadou abita a Sassari al secondo piano di un palazzo in via San Sisto e veste con abiti di una eleganza strepitosa. Sa cosa vuol dire “ajò” e se qualcuno gli spara una fesseria in sassarese è capace di rispondere a tono. Lo dico perché cominciare a pensare in termini di contaminazioni è un fatto opportuno per tutti. Nel Cinquecento, la nostra città veniva descritta dai vescovi aragonesi in visita pastorale, come un posto dove si parlava una imbarcata di lingue: catalano, spagnolo, sardo, francese, corso e occitano. In quel periodo Sassari era una popolosa città europea a tutti gli effetti, con una propria costituzione: gli statuti del libero comune di Sassar servirono perfino agli Arborea.
IMBOCCALUPO STORE. Se percorrete la Petite Afrique troverete comunque di tutto: oltre a diverse comunità africane, non mancano i bengalesi con le loro piccole botteghe o i negozi cinesi, quelli pakistani, gli indiani e un folto gruppo di sudamericani con le loro botteghe vicino ai circolini dei sassaresi. E il circolo di Gianfranco non fa una grande fatica a convivere con la macelleria di Mohamed che vende cibi Halal, macellati a Ozieri. Lui e bengalese e per un fatto religioso (un po’ come per gli israeliti e le loro regole per i cibi kosher) vende alimenti super sicuri. Lì vicino trovate anche un emporio pakistano “Inboccallupo” e uno indiano. Se nei vostri viaggi avete mai gustato la fragranza del pane chapati, qui lo potete acquistare. Insieme all’ildli, un pane di farina di riso e pastella di lenticchie nere. Se volete qualcosa di dolce troverete lo shirmal: focaccine ottenute impastando farina, latte, zucchero, sale e burro chiarificato; oppure cercate il lucchi, i panini fritti del Bengala, di farina impastata, semolino e semi di finocchio.