Antonimaria, se aveva un vizio, era quello della palestra. Inutile portarlo a bere, non si divertiva. Anche con le donne aveva uno strano rapporto. Non che non gli piacessero, ma gli bastava poco per stare bene. Anna, invece, era da una mesata che gli stava facendo un filo discreto: quando lo vedeva passare si faceva trovare sempre sulla porta del negozio taglia e cuci, dove tziraccava da quando il padre gli aveva detto che a dieci anni bisognava contribuire a mettere come tutti qualcosa nel piatto.
Ora, però, aveva già passato i venticinque e l’aveva presa il desiderio di farsi una famiglia:
"Ad una certa età, i figli ci vogliono", diceva sconsolata alle clienti che avevano il tempo di starla ad ascoltare.
A lei, Antonimaria, andava bene. Era il suo sogno. Uno che non aveva grandi vizi e anche con le sigarette ci andava piano.
E poi, siccome la signorina non era una da farsi mangiare la pastasciutta in testa, due o tre sguardi di un certo tipo si era accorta che quel babbasone glieli aveva lanciati.
A lei quell'uomo rassicurava: "uno che va bene per me", diceva quando si accennava all'argomento con le sue sgarzole in sverzura.
"Ma forse ha sviluppato a muscoli e poco a testa. Possibile che sia così tonto da non vedere tutto il bendiddio del tuo personale?", le sparava convinta signora Rita. Che ormai la sua età l'aveva ed era convinta che grazie alla sua esperienza, di consigli ne poteva distribuire a confetti da cresima.
Anna metteva in conto quello che le diceva, ma continuava a sperare.
Eppure la voce che a lei, lui interessasse, doveva essergli arrivata "Solo che è tosto che balla quel tunturrone di Antonimaria. La mamma lo ha fatto troppo timido" dicevano di lui. perché, si sa, il quartiere è piccolo, la gente parla e fra una ridotta e l'altra, a quei mezzi maleducati degli abitanti di questo spicchio di vita non mancava mai il tempo per fare la radiografia agli altri.
Con lui, a dire la verità, Anna, non aveva scambiato neanche una parola e la cosa a lei non andava giù che gli sembrava una esagerazione. Ma erano tempi che non si usava: le donne con le donne, i maschi con i maschi e punto. Con gli uomini, poi, che per dimostrare che qualche desiderio l'avevano o andavano a casino o aspettavano l'inverno per la stagione dei balli in casa, a giradischi e bibite conservate in ghiaccio e per toccare qualcosa che non fosse un amico di scuola.
Solo in quelle occasioni, quando ci scappava un lento e qualcuno faceva il furbo spegnendo la luce, una tastata più pesante a quei fuori di maggior era obbligatoria darla.
Anche se poi duravano poco quei momenti e o un padre o una madre o un figlio incaricato, riaccendeva.
Ma per un fiocco in bocca quell'attimo di buio sospeso bastava. E se non bastava se lo facevano bastare che di pretese non è che ce ne fossero molte.
Però, stavano nascendo i clebbini. Fra le cantine di mezzo centro ne stavano venendo a pizo a buino: ogni greffetta, per dimostrare di non essere da meno, si faceva il suo, di clebbino, voglio dire. La luce arrivava per mano del Signore: senza chiedere permesso veniva da allacci alla tanto per dire. Per l'acqua bastavano due bidoncini. Nei più fortunati di quei clebbini avevano anche il commodo. Sennò a pisciare in strada.
Ma questi sono dettagli,
La cosa vera è che fra le cinque e le otto, i clebbini si riempivano di femmine. Poche da sole, molte con fidanzati segreti che si portavano per mostrarli alle altre incalorite; e molte, solo grazie a fratelli di buon cuore che capivano che una mano alle sorelle non era giusto rifiutarla.
Il Garden era una vera figata: là selezione dei dischi era di buona qualità e per chi si voleva esibire, non mancava il conforto di un impianto alla giusto per gradire, con due altoparlanti e una pedana di pallet per fare finta di avere un palcoscenico.
Ad Anna quel clebbino che non era neanche tanto lontano da casa dei suoi piaceva, perché le sembrava meno tzerrago di altri e quindi con le amiche ogni tanto organizzavano una piccola crociera per rifarsi gli occhi con i ragazzotti che cominciavano ad avere sembianze da uomini.
Antonimaria non è che lo frequentasse molto, lui andava a muscoli e quindi preferiva la palestra della Olimpia che non mancava di pesi e corde.
Ogni tanto però ci andava anche per un problema di cortesia e amicizia con gli altri bamboccioni del quartiere con i quali faceva greffa.
Anna lo sapeva e cercava sempre di far coincidere le sue serate con quelle del suo sogno di uomo.
Ma quello niente, sembrava che proprio non la cagasse.
Neanche quella sera che si era presentata con una scollatura a V che gli arrivava quasi all'ombelico e metteva in risalto due bocce belle sode da almeno quarta misura.
Due bocce, bisogna anche dirlo per essere corretti, che stavano facendo venire un mezzo infarto a Pasquale noto Pasquale, per il quale quel decolté e il contenuto, rappresentavano il sogno erotico più intimo e profondo.
Non vi dico cosa stava dicendo agli altri birrettomani in quel momento di quel fiore di Anna che gli stava passando di lato. Cosa non avrebbe fatto se l'avesse avuta a disposizione.
Infatti quella sera, Pasquale noto Pasquale, se l'ha anche tentata con Anna. Ma non era serrata: "Se stringi ancora, a te una strizzata al bene che ti ha dato mamma tua non te lo toglie nessuno", gli ha sussurrato mentre lui esagerava approfittando di un Love me tender che qualcuno in quel momento non sembrava avesse voglia di negarsi.
Ma quella era la sera che ad Anna era venuta in testa che doveva risolvere e quindi al Garden era arrivata già sul piede di guerra.
Antonimaria era con il greffone del bar, ma questo l'avevamo già detto. L'unico posto del clebbino dove le femmine non si avvicinavano neanche per un mezzo bicchiere d'acqua. Lui, invece, ci stava da dio e si sentiva protetto dagli agli altri uccelli di passo che beccotavano noccioline e non si negavano la birretta.
Il bar lo rassicurava ad Antoni Maria.
A ballare era negato e quindi, siccome al Garden ci andava per socializzare, socializzava al bar.
Ma che quella sera sarebbe andata a trionfo non gli passava neanche per l'anticamera.
Soprattutto non avrebbe mai pensato che una femmina come Anna si sarebbe permessa l'azzardo.
Antonimaria, l'unica cosa che in seguito ricordava di quella sera, prima che le emozioni gli prendessero quei quattro neuroni che gli passavano dall'emisfero sinistro a quello destro del cervello, era una mano che senza tanti complimenti si abbatteva sulla sua spalla destra.
Era d'uopo girarsi, pensando a un amico. Ma la sorpresa se la prese quando si vide di fronte Anna, con tanto di magliettina in filo di cotone e scollatura ombelicale.
"Sono venuta a ballare e mi hanno detto che fra un po' mettono Love me e io di ballare da sola non ne ho nessuna gana"
Antonimaria se l'è guardata e se non stava attento la lakistraik gli sarebbe andata di traverso.
"Allora? Forse non l'hai capito ma ti sto invitando. Se sei interessato ce la risolviamo" chiuse il discorso Anna, che quella sera non aveva voglia di farla troppo lunga.
Gli altri maschiotti da combattimento che appoggiavano discretamente un gomito al bancone in assi recuperate dai cantieri dei palazzi in costruzione nei nuovi quartieri, non riuscivano a capire se dovevano guardare da un'altra parte per discrezione o fare la parte degli scafati che neanche se vedevano babbo in mutande andarsene per Rosello, avrebbero pensato ad una piegolina di sbaglio.
Sta di fatto che Antonimaria, se non fosse andato a ballare avrebbe fatto figura brutta con quelle mezze pugnette della greffa e quindi era d'uopo sacrificarsi con quel lento.
Anna, che deve essere che quella sera non l'avrebbero fermata neanche le campane del duomo, senza farla tanto lunga gli prese la mano e se lo portò in mezzo alla pista. Fu discreta, bisogna dire, e non gli si appolpò e tenne la classica distanza di qualche centimetro dal corpo di Antonimaria, lasciando quel babarrottu al suo momento di calda riflessione.
"Ma perché me l'hai chiesto?" gli venne da dirle.
"Perché a me ballare con un'altra donna non mi sembra il caso, e stasera c'eri tu, e quindi ne ho approfittato"
"Ma perché proprio io?"
Anna, alzando un po' la testa a livello dello sguardo di Antonimaria se l'ha pompiato dritta dritta con un’aria che non si capiva se era incazzata o romantica e non se l'ha trattenuta: "Perché qui, anche se è da un bel po' che fai finta di nulla, c'è un cuore che soffre".
La serata andò bene e alle sette e mezza Antonimaria si decise che era venuto il momento di accompagnarla a casa.
Neanche un anno e si erano già sposati e proprio alcuni giorni prima di Natale.
Al duomo quel giorno non sono mancati i fiori e anche se il freddo si tagliava a pezzi di fainé, lei si presentò con un abito di pizzo bianco e una veletta e cappello di seta.
Ma non poteva fare altrimenti: era leggermente incinta e a maggio la pancia si sarebbe vista alla grande; mentre lei l'abito voleva indossarlo bianco come l'amore che avrebbe dato per tutta la vita a quella specie di babbaucco che su certe cose riusciva ad arrivarci solo in ritardo.
Amarsi non è mai stato un male per nessuno.
Basta ricordarlo.
Nell'immagine, un fotogramma dal film 'November' di Rainer Sarnet, 2007.